LA POSIZIONE DELLA CHIESA NEI CONFRONTI DELLE APPARIZIONI MARIANE
In “Lumen Gentium”, Vaticano II, paragrafo 12, leggiamo:
“Questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione. […] Il giudizio sulla loro genuinità e sul loro uso ordinato appartiene a coloro che detengono l’autorità nella Chiesa; ad essi spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono”. (cfr. 1 Ts 5, 19-21) [“Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”. (1 Ts 5, 19-21)]
La Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede stabilì delle norme sul modo di procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni mariane che furono approvate dal Sommo Pontefice PP. Paolo VI, il giorno 24 febbraio 1978.
La problematica sulle esperienze legate ai fenomeni soprannaturali nella vita e nella missione della Chiesa fu pure affrontata dalla sollecitudine pastorale dei Vescovi riuniti nella XII Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, nell’ottobre del 2008. Tale preoccupazione fu raccolta dal Santo Padre Benedetto XVI in un importante passo dell’Esortazione Apostolica Post-sinodale Verbum Domini, inserendola nell’orizzonte globale dell’economia della salvezza.
La Congregazione considerò opportuno pubblicare le menzionate norme, fornendone una traduzione nelle principali lingue.
SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
NORME PER PROCEDERE NEL DISCERNIMENTO
DI PRESUNTE APPARIZIONI E RIVELAZIONI
Origine e carattere delle Norme
Durante la Sessione Plenaria annuale del novembre 1974, i Padri di questa Sacra Congregazione hanno esaminato i problemi relativi alle presunte apparizioni e alle rivelazioni spesso loro connesse, e sono pervenuti alle seguenti conclusioni:
1. Oggi, più che in passato, la notizia di queste apparizioni si diffonde rapidamente tra i fedeli grazie ai mezzi di informazione (mass media). Inoltre, la facilità degli spostamenti favorisce e moltiplica i pellegrinaggi. L’Autorità ecclesiastica è perciò chiamata a pronunciarsi in merito senza ritardi.
2. D’altra parte, la mentalità odierna e le esigenze scientifiche e quelle proprie dell’indagine critica rendono più difficile, se non quasi impossibile, emettere con la debita celerità i giudizi che concludevano in passato le inchieste in materia (constat de supernaturalitate, non constat de supernaturalitate) e che offrivano agli Ordinari la possibilità di autorizzare o proibire il culto pubblico o altre forme di devozione tra i fedeli.
Per queste ragioni, affinché la devozione suscitata tra i fedeli da fatti di questo genere possa manifestarsi nel rispetto della piena comunione con la Chiesa e portare frutti, dai quali la Chiesa stessa possa in seguito discernere la vera natura dei fatti, i Padri hanno ritenuto di dover promuovere in materia la seguente procedura.
Quando l’Autorità ecclesiastica venga informata di qualche presunta apparizione o rivelazione, sarà suo compito:
a) in primo luogo, giudicare del fatto secondo criteri positivi e negativi (cfr. infra, n. I);
b) in seguito, se questo esame giunge ad una conclusione favorevole, permettere alcune manifestazioni pubbliche di culto o di devozione, proseguendo nel vigilare su di esse con grande prudenza (ciò equivale alla formula: «pro nunc nihil obstare»);
c) infine, alla luce del tempo trascorso e dell’esperienza, con speciale riguardo alla fecondità dei frutti spirituali generati dalla nuova devozione, esprimere un giudizio de veritate et supernaturalitate, se il caso lo richiede.
I. Criteri per giudicare, almeno con una certa probabilità,
del carattere delle presunte apparizioni o rivelazioni
A) Criteri positivi:
a) Certezza morale, o almeno grande probabilità dell’esistenza del fatto, acquisita per mezzo di una seria indagine.
b) Circostanze particolari relative all’esistenza e alla natura del fatto, vale a dire:
1. qualità personali del soggetto o dei soggetti (in particolare, l’equilibrio psichico, l’onestà e la rettitudine della vita morale, la sincerità e la docilità abituale verso l’autorità ecclesiastica, l’attitudine a riprendere un regime normale di vita di fede, ecc.);
2. per quanto riguarda la rivelazione, dottrina teologica e spirituale vera ed esente da errore;
3. sana devozione e frutti spirituali abbondanti e costanti (per esempio, spirito di preghiera, conversioni, testimonianze di carità, ecc.).
B) Criteri negativi:
a) Errore manifesto circa il fatto.
b) Errori dottrinali attribuiti a Dio stesso, o alla Beata Vergine Maria, o a qualche santo nelle loro manifestazioni, tenuto conto tuttavia della possibilità che il soggetto abbia aggiunto – anche inconsciamente –, ad un’autentica rivelazione soprannaturale, elementi puramente umani oppure qualche errore d’ordine naturale (cfr Sant’Ignazio, Esercizi, n. 336).
c) Una ricerca evidente di lucro collegata strettamente al fatto.
d) Atti gravemente immorali compiuti nel momento o in occasione del fatto dal soggetto o dai suoi seguaci.
e) Malattie psichiche o tendenze psicopatiche nel soggetto, che con certezza abbiano esercitato una influenza sul presunto fatto soprannaturale, oppure psicosi, isteria collettiva o altri elementi del genere.
Va notato che questi criteri positivi e negativi sono indicativi e non tassativi e vanno applicati in modo cumulativo ovvero con una qualche loro reciproca convergenza.
II. Intervento dell’Autorità ecclesiastica competente
1. Se, in occasione del presunto fatto soprannaturale, nascono in modo quasi spontaneo tra i fedeli un culto o una qualche devozione, l’Autorità ecclesiastica competente ha il grave dovere di informarsi con tempestività e di procedere con cura ad un’indagine.
2. L’Autorità ecclesiastica competente può intervenire in base a una legittima richiesta dei fedeli (in comunione con i Pastori e non spinti da spirito settario) per autorizzare e promuovere alcune forme di culto o di devozione se, dopo l’applicazione dei criteri predetti, niente vi si oppone. Si presterà però attenzione a che i fedeli non ritengano questo modo di agire come un’approvazione del carattere soprannaturale del fatto da parte della Chiesa (cfr Nota preliminare, c).
3. In ragione del suo compito dottrinale e pastorale, l’Autorità competente può intervenire motu proprio; deve anzi farlo in circostanze gravi, per esempio per correggere o prevenire abusi nell’esercizio del culto e della devozione, per condannare dottrine erronee, per evitare pericoli di un misticismo falso o sconveniente, ecc.
4. Nei casi dubbi, che non presentano alcun rischio per il bene della Chiesa, l’Autorità ecclesiastica competente si asterrà da ogni giudizio e da ogni azione diretta (perché può anche succedere che, dopo un certo periodo di tempo, il presunto fatto soprannaturale cada nell’oblio); non deve però cessare di essere vigile per intervenire, se necessario, con celerità e prudenza.
III. Autorità competenti per intervenire
1. Spetta innanzitutto all’Ordinario del luogo il compito di vigilare e intervenire.
2. La Conferenza Episcopale regionale o nazionale può intervenire:
a) se l’Ordinario del luogo, fatta la propria parte, ricorre ad essa per discernere con più sicurezza sul fatto;
b) se il fatto attiene già all’ambito nazionale o regionale, sempre comunque con il consenso previo dell’Ordinario del luogo.
3. La Sede Apostolica può intervenire, sia su domanda dell’Ordinario stesso, sia di un gruppo qualificato di fedeli, sia anche direttamente in ragione della giurisdizione universale del Sommo Pontefice (cfr. infra, n. IV).
IV. Intervento
della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede
1. a) L’intervento della Sacra Congregazione può essere richiesto sia dall’Ordinario, fatta la propria parte, sia da un gruppo qualificato di fedeli. In questo secondo caso, si presterà attenzione a che il ricorso alla Sacra Congregazione non sia motivato da ragioni sospette (come, per esempio, la volontà di costringere l’Ordinario a modificare le proprie legittime decisioni, a ratificare qualche gruppo settario, ecc.).
b) Spetta alla Sacra Congregazione intervenire motu proprio nei casi più gravi, in particolare quando il fatto coinvolge una consistente parte della Chiesa, sempre dopo aver consultato l’Ordinario, e, se la situazione lo richiede, anche la Conferenza Episcopale.
2. Spetta alla Sacra Congregazione giudicare e approvare il modo di procedere dell’Ordinario o, se lo ritiene possibile e conveniente, procedere ad un nuovo esame del fatto, distinto da quello realizzato dall’Ordinario e compiuto o dalla Sacra Congregazione stessa, o da una Commissione speciale.
Le presenti Norme, deliberate nella Sessione Plenaria di questa Sacra Congregazione, sono state approvate dal Sommo Pontefice Paolo VI, felicemente regnante, il 24 febbraio 1978.
Roma, dal palazzo della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, 25 febbraio 1978.
Franjo Cardinale Šeper
Prefetto
+ Jérôme Hamer, O.P. Segretario
SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
NORME PER PROCEDERE NEL DISCERNIMENTO
DI PRESUNTE APPARIZIONI E RIVELAZIONI
Approvazione ecclesiastica
Fondamentalmente il procedimento per arrivare all’approvazione di un’apparizione è molto semplice e generalmente segue questi passi…
1. Si informa il parroco di un’apparizione/rivelazione privata.
2. Il parroco fa un’indagine preliminare e decide se si deve richiamare l’attenzione dell’ordinario locale, il vescovo, con prove sufficienti per garantire l’attenzione del vescovo.
3. Il vescovo decide, in base alle prove addotte, se l’evento merita che si porti avanti l’indagine.
4. Il vescovo forma una Commissione d’indagine.
5. Se questi considera validi i risultati di detta Commissione, allora:
a. Se l’apparizione/rivelazione ormai non continua a verificarsi, allora il Vescovo la approverà, la dichiarerà “degna di fede” e presenterà la documentazione al Vaticano.
b. Il Vaticano nominerà una propria Commissione per revisionare il rapporto della Commissione vescovile prima che l’evento sia etichettato come “degno di essere creduto”.
6. Se l’apparizione/rivelazione non è conclusa o l’evento è di grande ampiezza (a Garabandal, ad esempio, circa 1800 apparizioni), il Vescovo lascerà il caso “aperto” per ricevere nuove informazioni, cosa che di fatto è un’approvazione temporale sospesa per terminare il suo studio.
7. Se i risultati della Ccommissione denotano un evento non soprannaturale o soprannaturale ma di origine demoniaca, allora il Vescovo emetterà un documento per rifiutare ufficialmente l’evento e incoraggiare i fedeli e il clero a evitarlo.
Da quanto detto precedentemente, ad esempio, ne deriva che è tecnicamente impossibile che la Chiesa dia un’approvazione finale agli eventi di Garabandal (così come a Medjugorie) visto che ci sono ancora delle profezie non compiute, ma che potrebbero confermarsi. (Si troverebbe allora nel passo 6)
I criteri dell’approvazione di un’apparizione mariana sono:
1) APPROVAZIONE DELL’ESPRESSIONE DELLA FEDE: il vescovo locale promuove, o almeno tollera, le varie manifestazioni della fede (Messa, preghiera devozione, confessioni, conversioni) che avvengono in relazione con la presunta apparizione.
1.1. Quando è “esplicitamente” approvato con un CONSTAT DE SUPERNATURALITATE, l’apparizione e i suoi messaggi approvati hanno la sicurezza di non andare contro i criteri teologici, dottrinali e biblici, i fedeli non sono obbligati personalmente ad approvarle, ma sono obbligati a non dichiararle pubblicamente come non valide se l’autorità le ha dichiarate ufficialmente valide (Fatima, Lourdes).
2) DECISIONE NEGATIVA: le decisioni di questo carattere comprendono sia:
2.1. NON CONSTAT DE SUPERNATURALITATE: può essere una decisione negativa di carattere provvisorio, in attesa di nuovi risultati o della riapertura del caso. È un “no” aperto a un possibile futuro “sì”.
2.2. CONSTAT DE NO SUPERNATURALITATE: questa decisione è un “no” che ha un carattere finale e definitivo. È un “no” che significa “mai”.
Perciò, il primo rappresentante della Chiesa cui tocca esaminare la questione è il Vescovo locale, in questo caso, di Santander. A lui compete studiare il caso ed emettere un verdetto sulle apparizioni. Normalmente, il giudizio del vescovo, cioè la sua conferma o il suo rifiuto, risolve la questione. Così avvenne a Lourdes e a Fatima. Ma non avviene sempre così. In occasione della chiusura del Giubileo di Fatima, nell’ottobre del 1942, il Patriarca di Lisbona, il Cardinal Cerejeira, riferendosi alla ratificazione delle apparizioni di Fatima data dal vescovo di Leiria-Fatima nell’ottobre del 1930, osservò: “Questa ratificazione non è irrefutabile; la Santa Sede può confermarla o annullarla”.
Il vescovo locale agisce come giudice di prima istanza. Ma sopra di lui c’è un’altra autorità ecclesiastica che agisce come Camera d’Appello, la Congregazione per la Dottrina della Fede, precedentemente chiamata il Santo Uffizio. Questo è un organismo amministrativo che rappresenta il Papa in materia di fede e di morale. Neanche essa ha l’ultima parola: questa è riservata al Papa, il giudice supremo.
Nel caso delle apparizioni di Garabandal la Congregazione era autorizzata ad intervenire e a prendere a suo carico l’indagine delle apparizioni, che sarebbe rimasta allora fuori dalla giurisdizione del Vescovo di Santander. Ma si rifiutò costantemente di perturbare in tale modo il processo, argomentando che non era accaduto alcun avvenimento significativo in tempi recenti, per cui la Congregazione non aveva alcun motivo per intervenire. E concluse lasciando la gestione nelle mani del Vescovo, persino l’emissione di direttive, e lodandolo per lo zelo che aveva mostrato in questa materia. Si può dedurre che quando avverrà l’Avvertimento o il Miracolo annunciato, la Congregazione per la Dottrina della Fede potrà cambiare atteggiamento.
Così, almeno per il momento, la Congregazione si accontenta di ciò che si è fatto così spesso nel passato: accettare lo status quo e aspettare i risultati. Una lunga esperienza in avvenimenti di questa natura le ha insegnato che quando qualcosa viene da Dio, alla fine supera qualunque opposizione. Quindi la Congregazione segue l’unica strada pratica che le rimane, lasciare i giudizi preliminari nelle mani dei vescovi locali fino a quando è sicura di disporre di rappresentanti efficaci e sufficienti per potersi incaricare personalmente.